In calo i prodotti tessili riciclati, ma aumenta la produzione di fibre sostenibili

Lo dice il decimo Rapporto di Textile Exchange

Diminuiscono i prodotti tessili riciclati. Dopo anni di crescita, la quota combinata di tutte le fibre riciclate ha avuto un leggero calo, passando dall’8,5% nel 2021 al 7,9% nel 2022. La fotografia scattata dal decimo rapporto annuale sul mercato dei materiali di Textile Exchange è preoccupante. Mentre la produzione sale da 112 a 116 milioni di tonnellate tra 2021 e 2022, il riciclo cala. Inoltre, in uno scenario business as usual, la situazione diventerà ancora più sbilanciata. Secondo gli analisti, infatti, la produzione potrebbe crescere fino a 147 milioni di tonnellate nel 2030.

La diminuzione dei prodotti tessili riciclati è dovuta principalmente a un “calo della quota di mercato del poliestere riciclato”, spiega Textile Exchange in una nota, “il 99% del quale era ottenuto da bottiglie di plastica”. Quest’ultimo è passato dal 15% nel 2021 al 14% nel 2022. “Le ragioni di questa diminuzione includono la crescente concorrenza per le bottiglie in PET come materia prima”, aggiungono gli analisti, “insieme alle sfide sistematiche nel ridimensionare il riciclo da tessile a tessile”.

Questo è il vero tallone d’Achille dell’industria. Non esiste praticamente la capacità di riciclare un capo di abbigliamento in un altro. I numeri sono chiari, da questo punto di vista. Nel 2022, meno dell’1% del mercato globale delle fibre proveniva da tessuti riciclati pre e post-consumo. “I risultati”, si legge nel commento di Textile Exchange, “evidenziano la necessità di raddoppiare gli sforzi per ridurre rapidamente l’uso di materiali vergini a base fossile e di investire in strategie che dissociano la creazione di valore dall’estrazione di nuovi materiali”.

Escludendo i tessuti industriali e tappeti, si può stimare in UE un consumo totale di tessuti di 6,6 milioni di tonnellate, che diventano rifiuti tessili. L’Agenzia Europea dell’Ambiente calcola che annualmente vengano raccolte separatamente tra 1,6 e 2,5 milioni di tonnellate di tessili post-consumo. Tra il 50 e il 75% viene riutilizzato all’interno dell’UE o esportato. La quota maggiore del rimanente viene riciclata, ma in prodotti di qualità inferiore (come stracci o pezzame). Fuori dai circuiti di raccolta, riuso e riciclo restano però almeno 4 milioni di tonnellate.

Il meccanismo è figlio della fast fashion. Negli anni Novanta lo avremmo chiamato consumismo, ma è anche una logica di produzione, che spinge le aziende a mettere sul mercato prodotti di bassa qualità, a basso costo e destinati a una vita breve. Così, negli ultimi anni, si è finalmente deciso di accendere un faro sulla filiera del tessile e della moda, per assoggettarla a nuovi standard di progettazione, produzione e gestione dei rifiuti. L’obiettivo dell’Unione Europea è che, entro il 2030, le aziende della moda producano capi più durevoli, che possano essere riutilizzati e riciclati più facilmente.

Nel Rapporto una nota leggermente positiva è quella relativa alle fibre prodotte in modo sostenibile. La percentuale di fibre naturali prodotte tramite programmi con elementi di sostenibilità è lievemente aumentata nel 2022. Ad esempio il cotone ha visto crescere la sua produzione sostenibile dal 25% nel 2021 al 27% nel 2022. La lana è passata invece dal 3% nel 2021 al 4,3% nel 2022. In aumento invece da 63 milioni a 67 milioni di tonnellate, la produzione di fibre sintetiche vergini a base fossile. Il poliestere continua ad essere la fibra più prodotta a livello globale, con il 54% del totale nel 2022.