Il ricercatore Riccardo Milanesi, secondo classificato a “Stand Up Science” di MUSA, racconta il processo biotecnologico che converte il PET post-consumo in acido glicolico, aprendo una nuova filiera circolare per l’industria cosmetica lombarda.
Riccardo Milanesi si è aggiudicato il secondo posto alla prima edizione di “Stand Up Science. Idee brillanti per un futuro luminoso“, evento conclusivo del percorso MUSA Spoke 1. Il suo intervento, dal titolo “La Bella e la Bestia: storia di uno scarto diventato materia prima per l’industria cosmetica” racconta un processo innovativo capace di ribaltare la narrazione intorno ai rifiuti plastici. . Il progetto è stato sviluppato all’Università degli Studi di Milano-Bicocca all’interno del Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze.
“Il titolo – spiega Milanesi – richiama la fiaba, ma in questo caso la ‘Bestia’ è lo scarto: quella plastica che condiziona le nostre vite e di cui facciamo un uso massiccio. In particolare, il PET, un materiale onnipresente nei nostri consumi quotidiani”.
Milanesi parte da una constatazione: non tutte le plastiche sono riciclabili e, anche quando lo sono, il riciclo tradizionale comporta una perdita significativa di qualità. “Il risultato è ciò che in gergo chiamiamo downsizing: otteniamo un nuovo prodotto, ma il suo valore di mercato è inferiore rispetto alla plastica di origine, prodotta da fonti fossili”.
Il suo gruppo di ricerca ha invece scelto di percorrere un’altra strada: l’upsizing. “L’obiettivo è prendere uno scarto specifico, il PET, e non semplicemente riorganizzarlo tramite processi fisici o termici, ma degradarlo realmente nelle sue unità elementari, grazie a un approccio biologico”.
Mentre il riciclo convenzionale si limita a fondere e riestrudere il materiale, il team di Milanesi ha sfruttato la scoperta – già presente in letteratura – di enzimi batterici capaci di scomporre il PET. “La natura si è adattata alla nostra dispersione di plastica – osserva il ricercatore -. Alcuni batteri hanno evoluto enzimi in grado di degradare le catene polimeriche, liberando i monomeri di base”.
Una volta ottenuti i prodotti di degradazione, il gruppo della Bicocca ha concentrato le sue ricerche su uno dei due componenti fondamentali del PET: l’etilene glicole. “È una molecola simile, per struttura, a un alcol – racconta Milanesi . Utilizzando lieviti selezionati, siamo riusciti a convertirlo in acido glicolico, un ingrediente chiave dell’industria cosmetica”. L’acido glicolico è comunemente utilizzato per prodotti esfolianti, idratanti e detergenti, e oggi proviene quasi esclusivamente da fonti fossili. La possibilità di produrlo da scarti plastici rappresenta dunque un cambio di paradigma potentissimo.
“Abbiamo effettuato test di laboratorio su idrolizzati di plastica provenienti da vari tipi di confezionamento e implementato un primo processo di trasformazione su scala di laboratorio” spiega Milanesi. Il progetto ha poi fatto un passo ulteriore: “Grazie alla collaborazione con diversi partner, abbiamo realizzato una campagna dimostrativa su scala pre-industriale, utilizzando l’acido glicolico per formulare una mousse detergente e una crema idratante”.
La Lombardia – e in particolare l’area metropolitana di Milano – ospita una delle più importanti filiere cosmetiche d’Europa. Per questo la ricerca non è solo innovativa dal punto di vista scientifico, ma anche strategica per il territorio. “Il nostro processo di biomanifattura permette di prendere un problema, lo scarto di PET, e trasformarlo in una risorsa preziosa per un’industria molto radicata nella regione – sottolinea Milanesi -. È un modo concreto per costruire una nuova catena di valore, basata su materie prime recuperate e non su derivati del petrolio”.
Il ricercatore guarda già al futuro: “Il processo è in fase di sviluppo e serviranno ulteriori passi per portarlo a livello industriale. Ma abbiamo dimostrato che è possibile trasformare la ‘Bestia’ in un ingrediente prezioso per un settore ad alto valore aggiunto”.