Il professor Matteo Colleoni racconta la ricerca MUSA sulla mobilità: un modello innovativo per leggere i flussi di spostamento e progettare interventi più accessibili, sicuri e sostenibili
La mobilità è uno dei pilastri centrali di MUSA e rappresenta una leva strategica per ripensare il rapporto tra università e città. Lo spiega Matteo Colleoni, professore ordinario di Studi urbani all’Università di Milano-Bicocca, nonché delegato alla sostenibilità e al mobility management dell’Ateneo, intervenuto in un evento dedicato proprio all’analisi dei flussi di spostamento nel quartiere universitario.
Al centro della ricerca c’è un lavoro inedito di integrazione di dati, mai sperimentato prima a questa scala. Il gruppo di studio ha incrociato informazioni provenienti da fonti diverse: dai Piani di spostamento casa-lavoro, che per legge devono essere redatti dalle università e dalle aziende con più di 100 dipendenti, ai dati trasportistici strutturali sui flussi, fino ai dati di telefonia mobile, acquisiti grazie ai fondi del progetto. Un patrimonio informativo eterogeneo che ha permesso di osservare in modo puntuale la mobilità sistematica, ovvero gli spostamenti casa-lavoro e casa-università.
Grazie a questa integrazione, è stato possibile ottenere per la prima volta una fotografia realistica dei flussi in entrata e in uscita dal quartiere, mettendo in relazione le presenze temporanee con quelle residenti. Un risultato che va oltre l’analisi locale: il modello sviluppato è pensato come un prototipo replicabile in altre aree ad alta densità di flussi, in particolare negli altri quartieri universitari milanesi. L’obiettivo è costruire una conoscenza solida della domanda di mobilità, sia a livello di quartiere sia in relazione ai diversi sistemi di trasporto, per orientare politiche e interventi più efficaci.
Dallo studio emerge un quadro complessivamente positivo: il riparto modale degli spostamenti nel quartiere universitario risulta piuttosto virtuoso, con una quota significativa di utilizzo del trasporto pubblico e una presenza più contenuta del trasporto privato automobilistico. Più ridotta, invece, la mobilità ciclistica e pedonale, che complessivamente non supera il 5%. Un dato che trova una spiegazione chiara nella distanza media degli spostamenti degli studenti, che si aggira intorno ai 30 chilometri, rendendo difficile il ricorso alla sola mobilità attiva senza forme di intermodalità.
Proprio per questo la ricerca non si è fermata alla lettura dei flussi, ma ha approfondito il tema della walkability e dell’accessibilità del quartiere. Attraverso studi specifici sulla camminabilità, il gruppo di lavoro sta valutando non solo l’accesso alle strutture universitarie, ma anche la fruibilità complessiva degli spazi e dei servizi presenti nell’area.
L’obiettivo finale è tradurre i dati in azioni concrete. Da un lato, interventi strutturali capaci di ripensare l’organizzazione spaziale del quartiere, rendendolo più accessibile con il trasporto pubblico e più favorevole alla mobilità attiva, a piedi e in bicicletta. Dall’altro, misure mirate alla sicurezza, come la riduzione della velocità dei flussi veicolari, la messa in sicurezza degli attraversamenti e la garanzia di percorsi protetti verso i principali luoghi di studio e lavoro.