Upcycling: la nuova vita di abiti e oggetti d’arredo nella moda e nel design 

Gli stilisti guardano con interesse al riutilizzo creativo che aiuta l’ambiente 

 

Stilisti e designer utilizzano sempre di più materiali di scarto per realizzare nuovi prodotti in nome della sostenibilità. Si chiama upcycling, non semplice riciclo ma riutilizzo creativo di prodotti inutili o indesiderati che riacquistano nuova vita. Non solo, alle nuove creazioni viene anche attribuito un grande valore ambientale e artistico.  

La prima volta che l’upcycling fa capolino con un oggetto di tendenza risale al 1963, quando la Heineken vedendo la quantità di bottiglie di birra lasciate ovunque, inventa la campagna Wobo, con il loro riuso  per creare mattoni in vetro da costruzione. Wobo è la prima bottiglia di birra progettata per avere un doppio ciclo di vita: dapprima bottiglia di birra e poi mattone per l’edilizia. L’idea, opera del fondatore di Heineken, Alfred Heineken, insieme all’architetto John Habraken non ebbe successo. Ma da allora il percorso verso la sostenibilità ha fatto passi da gigante. E oggi l’upcycling è abbracciato da molti creatori di moda e design.  

Nel settore dell’arredamento vengono spesso riutilizzati oggetti e tessuti per creare nuovi elementi d’arredo con usi diversi, ma dal maggior valore. Un esempio, ridipingere e recuperare un mobile vecchio per farne un nuovo arredo del bagno o metterlo nel living. Creare anche lampade da oggetti di uso quotidiano da altri come la classica abat-jour o lampada da una bottiglia di vetro.  

Nella moda e nel tessile, vengono realizzati abiti e accessori utilizzando vecchi tessuti, abiti non più di moda, stock di magazzino, pezzi vintage di alto valore, insomma recuperando dalle collezioni passate. Sono diversi gli esempi che si sono visti in questi anni anche in sfilate importanti: abiti ricreati da tessuti non più attuali che mani abili e disegnatori esperti hanno mixato con tessuti moderno, reinventando forme e volumi e dando così vita a nuovi capi. 

Il fenomeno di riuso valorizzante cammina di pari passo con il fenomeno del vintage nel settore moda. Ma si differenziano perché l’upcycling scardina la funzione iniziale dell’oggetto o dell’abito, mentre il vintage mantiene la stessa funzione ma ne accresce il valore.

Ciò che hanno in comune è la sostenibilità: l’industria della moda infatti è la seconda industria più inquinante dopo il settore petrolifero. Gran parte dei materiali utilizzati per fare i vestiti, soprattutto oggi, sono fibre non riciclabili e non biodegradabili.

Lo spreco di vestiti è stimato in 92 milioni di tonnellate di abiti vecchi buttati nell’immondizia ogni anno. Per realizzarli sono stati consumati enormi quantità di energia. Servono ad esempio materie prime come il cotone la cui coltivazione ha bisogno di miliardi di litri d’acqua, serve il poliesteree per produrlo servono migliaia di barili di petrolio. Insomma, upcycling come tendenza modaiola ma soprattutto culturale, frutto di un nuovo modo di guardare al mondo che ci circonda.