Auto elettriche: frenano le immatricolazioni in Italia, si allarga il divario con i major market dell’Ue
Motus-E: “Rivedere gli incentivi è indispensabile ma superare scontri ideologici su tecnologie”
Sulle auto elettriche l’Italia sta perdendo il contatto con gli altri grandi Paesi europei: le immatricolazioni nella Penisola frenano e si allarga il divario con i major market dell’Unione. Ma perché il nostro Paese sta perdendo il treno degli altri grandi europei? “L’anomalia italiana è frutto di più concause su cui è urgente aprire un serio confronto con tutti gli attori coinvolti”, osserva il segretario generale di Motus–E, Francesco Naso, che aggiunge “il sistema incentivante ereditato dai precedenti Governi non funziona, ma sono sufficienti pochi aggiustamenti a parità di risorse per renderlo più appetibile ed efficace”.
La ricetta? Alzare il cap di prezzo per accedere alle agevolazioni, estenderle in forma integrale ad aziende e noleggi – anche per alimentare il mercato dell’usato elettrico – e rivedere in chiave green la fiscalità sulle flotte, tema su cui abbiamo già lavorato a una proposta mirata. Il tutto garantendo una certa stabilità del quadro incentivante, agganciando gli annunci dei bonus all’effettiva messa a terra delle risorse, per evitare riflessi negativi sul mercato”. Per il segretario di Motus-E “rivedere gli incentivi è indispensabile, ma per riportare l’Italia al centro dell’automotive mondiale bisogna anche superare gli scontri ideologici sulle tecnologie”.
Per andare all’origine del ritardo dell’Italia, Motus-E ha messo sotto la lente la correlazione tra le immatricolazioni di auto elettriche e variabili chiave come la diffusione delle infrastrutture di ricarica a uso pubblico e il reddito medio della popolazione. “L’Italia presenta una rete di ricarica più densa rispetto a Paesi come Francia e Germania in rapporto alle auto elettriche circolanti e dall’analisi incrociata dei dati di mercato e delle rilevazioni Istat e OCSE emerge un quadro che vale la pena approfondire”, commenta Naso, sottolineando che “al netto del confronto con la Spagna, che con un reddito medio inferiore di oltre l’8% rispetto all’Italia ci ha ormai superato stabilmente come market share delle auto elettriche, colpisce il raffronto tra il Nord Italia e la Francia, che pur a fronte di redditi medi paragonabili mostrano andamenti del mercato auto profondamente diversi”.
Considerando solo le Regioni italiane del settentrione, infatti, si ottiene una market share media delle auto elettriche pari al 4% nei primi 8 mesi del 2023, a fronte del già citato 15,4% francese. A livello Ue il full electric continua a macinare record mentre in Italia le immatricolazioni stentano ancora a decollare, con settembre che cancella addirittura i timidi segnali positivi dei mesi precedenti.
Più in dettaglio, nel mese da poco concluso sono state registrate nella Penisola 4.955 nuove vetture elettriche (-2,3% rispetto a settembre 2022), con una market share che scivola al 3,6%. Nei primi 9 mesi dell’anno, le auto elettriche immatricolate in Italia sono 45.790, con un progresso del 28,2% rispetto allo stesso periodo del 2022 e quota di mercato al 3,9%, mentre il parco circolante full electric si attesta al 30 settembre a 209.338 unità.
Osservando ciò che avviene nei singoli Paesi, spicca il caso della Germania, dove l’elettrico è stata la prima alimentazione in assoluto ad agosto (31,7% di quota) e si attesta al 18,6% di share nei primi 8 mesi dell’anno. Un valore che non si discosta troppo dal 15,4% di quota nel periodo gennaio-agosto dalla Francia. Più indietro c’è la Spagna, che con una quota di mercato full electric del 4,8% nei primi 8 mesi dell’anno si conferma nuovamente davanti all’Italia (3,9% nello stesso periodo).
“Numeri simili lasciano pensare che in Italia si sia innescata una resistenza quasi ideologica all’auto elettrica, figlia della circolazione di informazioni fuorvianti e di incertezza sul quadro normativo”, conclude il segretario di Motus-E, evidenziando che “in un panorama globale evidentemente rivolto alla mobilità elettrica, rimanere indietro può essere fatale per l’industria italiana. Per questo è indispensabile che il dibattito pubblico su questi temi segua direttrici economiche, scientifiche e sociali, senza deragliare sotto la spinta di credenze e falsi miti che rischiano di causare un danno incalcolabile al futuro del nostro Paese”.