L’umanità ha già esaurito le risorse naturali che il Pianeta può rigenerare in un anno. Da ora in avanti, tutto ciò che consumiamo sarà “a credito”
Oggi, 24 luglio 2025, ricorre l’Overshoot Day globale: il giorno in cui la popolazione mondiale ha esaurito il budget ecologico annuale della Terra. Lo comunica il Global Footprint Network, l’organizzazione internazionale che monitora il rapporto tra consumo umano e capacità rigenerativa del Pianeta. In termini semplici, abbiamo finito tutte le risorse naturali che la Terra può fornirci in un anno senza compromettere la sua salute. Da domani vivremo “a credito”, consumando più di quanto gli ecosistemi siano in grado di rinnovare.
Questa data simbolica arriva ogni anno sempre prima. Nel 2024 era caduta il 1° agosto; nel 1970 si registrava addirittura a dicembre. L’Italia, quest’anno, ha esaurito il proprio budget ecologico il 6 maggio, mentre l’Unione europea ha oltrepassato il limite già il 29 aprile. Un chiaro segnale dell’intensità con cui le economie più sviluppate consumano le risorse del Pianeta.
Secondo il WWF, questa tendenza aggrava il nostro debito ecologico, contribuendo all’accumulo di rifiuti, scarti e gas serra. Oggi l’umanità consuma ogni anno l’equivalente di 1,8 pianeti Terra: un ritmo che supera dell’80% la capacità rigenerativa degli ecosistemi. È uno squilibrio che sta alla base di molte delle più gravi emergenze ambientali del nostro tempo, dalla perdita di biodiversità alla deforestazione, dall’esaurimento delle risorse idriche e ittiche al degrado del suolo, fino all’aumento delle emissioni climalteranti.
Il risultato è un debito ecologico cumulativo di 22 anni: se volessimo “pareggiare i conti” con il Pianeta, servirebbero oltre due decenni di piena produttività naturale, senza ulteriori pressioni ambientali. Ma si tratta di un’ipotesi teorica, perché parte della capacità rigenerativa della Terra è già andata perduta. Intere foreste sono state distrutte, i suoli erosi, i mari impoveriti. Alcuni danni sono irreversibili, come le specie estinte o i ghiacciai ormai sciolti. Inoltre, la crisi climatica in atto sta ulteriormente riducendo la capacità del Pianeta di rigenerarsi.
Per il WWF, in un’epoca segnata dalla scarsità di risorse e dall’emergenza climatica, il cambiamento non è più un’opzione ma una strategia imprescindibile. Servono azioni coordinate in settori cruciali come la transizione energetica, che implica l’abbandono dei combustibili fossili a favore delle energie rinnovabili; una revisione del sistema produttivo ed economico in direzione dell’economia circolare, riducendo gli sprechi e valorizzando il riciclo; una trasformazione delle abitudini alimentari, con una diminuzione del consumo di carne e la preferenza per cibi biologici, locali e stagionali; una nuova visione della mobilità, che privilegi trasporti pubblici, biciclette e veicoli a basse emissioni; e, infine, politiche ambientali più ambiziose a livello internazionale, capaci di garantire la tutela degli ecosistemi.
Se riuscissimo a ridurre del 50% le emissioni di CO2, potremmo spostare l’Overshoot Day di ben 93 giorni. Una riduzione simile del consumo globale di carne comporterebbe un guadagno di 17 giorni. Fermare la deforestazione ci farebbe recuperare altri 8 giorni. Tutti passi concreti che ci avvicinerebbero a un nuovo equilibrio.
Le soluzioni esistono già. Pratiche come l’agricoltura rigenerativa, la mobilità sostenibile e l’efficienza energetica non solo aiutano a contenere l’impronta ecologica, ma creano anche valore economico e rafforzano la coesione sociale. Secondo il WWF, spostando l’Overshoot Day di 5 giorni all’anno, potremmo tornare a vivere entro i limiti ecologici della Terra entro il 2050. È una prospettiva realistica, che si basa su un mix di innovazione tecnologica, cambiamenti nei comportamenti individuali e decisioni politiche globali.
Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del WWF Italia, sottolinea come il vero nodo stia nel nostro modello economico, che si fonda sulla crescita illimitata dei consumi materiali – energia, risorse, materie prime – e che è semplicemente incompatibile con un Pianeta dalle risorse finite. Secondo Alessi, non dobbiamo inseguire un aumento quantitativo del benessere, ma puntare su un progresso qualitativo, basato su conoscenza, relazioni umane, diritti e tutela della natura. È fondamentale, conclude, sostituire il PIL come unico indicatore dello sviluppo, integrandolo con metriche che misurino la salute degli ecosistemi, il benessere psicologico e la coesione sociale.