Il 73% degli italiani apre al digitale in sanità, ma boccia l’Intelligenza artificiale come sostituto del medico  

Lo dice il sondaggio realizzato dall’Istituto Piepoli per Fnomceo 

Sì al digitale in sanità per il 73% degli italiani, che apprezzano e utilizzano ricette elettroniche e trovano pratico il ritiro online dei referti, ma con giudizio. Diverso invece l’approccio con l’Intelligenza artificiale: per il 92% può andare bene solo come possibile alleato del medico, ed escludono di farsi curare da qualcuno che non sia umano. Lo dice un’indagine dell’Istituto Piepoli per la Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri presentata al Convegno ‘I 45 anni del Servizio sanitario nazionale, un’eccellenza italiana’.

La sanità, rileva il sondaggio, è comunque un tema molto sentito dalla popolazione. Per oltre 3 italiani su 4 deve essere pubblica e per il 90% deve essere una priorità del Governo nella Finanziaria. Il 37% ritiene che la sanità pubblica meriti il primo posto. Grande rilevanza viene data anche al rapporto diretto e fiduciario con il proprio medico: infatti è talmente importante che il 75% degli italiani intervistati si dice non disponibile a rinunciare al diritto di scegliere il proprio medico di famiglia.

Per l’indagine sono state effettuate interviste telefoniche e web su un campione di 1000 persone e su 300 medici. Gli italiani tendono in maggioranza a promuovere il servizio sanitario regionale, ma con grandi distanze territoriali. Al Nord la soddisfazione è del 69%, al Sud e nelle isole del 41%. Quello che è chiaro, per più di 3 italiani su 4, il 76%, è che la sanità deve essere prevalentemente pubblica. In media inoltre, ad oggi gli italiani risparmiano il 10% delle proprie entrate per le spese sanitarie, ma tanti (il 23%) vorrebbero ma non riescono a farlo, tanto che ad oggi circa 3 milioni ammettono che, quando devono usufruire di prestazioni sanitarie a pagamento, rinunciano a curarsi.

L’indagine rileva inoltre l’esistenza di una migrazione sanitaria: sempre più cittadini sono costretti a spostarsi in altre Regioni alla ricerca di centri di eccellenza: il 63% percepisce questo problema con riferimento al proprio territorio, con punte del 79% al Sud e nelle isole. Il 93% vorrebbe perciò un aiuto dallo Stato e oltre 8 persone su 10 vorrebbero un’organizzazione sanitaria che porti l’eccellenza vicino al domicilio. La qualità dell’assistenza sanitaria è largamente sufficiente (il 67% la reputa soddisfacente) e la sanità è vista come un settore in grado di generare ricchezza, sul quale investire, mentre la gestione dei servizi si ritiene risponda più alle esigenze di bilancio che a quelle di salute.

I medici invece cosa pensano? Dal sondaggio emerge che sono ben coscienti dell’importanza del proprio lavoro – il 96% lo reputa molto o abbastanza importante – ma sono convinti che le istituzioni ne abbiano percezione minore, tanto da ritenere che l’importanza del ruolo del medico in Italia oggi sia minore rispetto al periodo pandemico. Vorrebbero avere maggior peso decisionale nel mondo sanitario e lanciano un allarme: a causa della troppa burocrazia, più di uno su tre dichiara di non avere a disposizione tutto il tempo di cui avrebbe bisogno per occuparsi dei pazienti.

Questa condizione di difficoltà spinge molti medici italiani (40% del campione) a valutare l’opportunità di andare all’estero a svolgere la professione medica. Ciononostante, l’83% si conferma ancora attaccato al proprio lavoro, tanto da dichiarare che quello che fa ogni giorno – rapporto con i pazienti aiutare le persone, salvare vite – corrisponde all’idea che aveva quando ha scelto di svolgere la professione. Una professione che resta fortemente attrattiva anche tra i giovani: il 57% tra i 15 e i 24 anni ha preso in considerazione la possibilità di formarsi per essere un professionista della salute.